Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
I generali
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 246, p. 3
Data: 16 ottobre 1955


pag. 3




   Le trascorse settimane furono infauste per i generali.
   Nell'America del Sud un generale che pareva il padrone di tutto e di tutti fu sbalzato di sella in pochi giorni e soltanto con la fuga verso l'esilio ha salvato la vita.
   Nell'America del Nord un altro generale, capo supremo di una delle Nazioni più potenti del mondo, ha dovuto ritirarsi all'improvviso sotto una tenda di ossigeno e non si sa ancora quando potrà riprendere il suo posto alla direzione della Repubblica.
   Nell'Europa meridionale un maresciallo vittorioso, che da molti anni reggeva le sorti del suo popolo, ha dovuto lasciare il Governo e la vita in un momento difficile e grave per il suo Paese.
   Ma la sorte dei generali non è stata mai benigna, neppure nei tempi passati, sia lontani che vicini.
   Il mestiere di capo degli eserciti non è comodo ne piacevole. Vincere i nemici non è che l'ultima delle sue fatiche. Egli deve vincere la mala volontà dei suoi ufficiali, l'ottusità dei suoi soldati, l'imbecillità dei suoi padroni — monarchi o ministri — che da lontano, senza poter conoscere e prevedere quel che accade, pretendono di dargli ordini e istruzioni; deve vincere, inoltre, la sua stanchezza fisica, la sua torpidezza mentale, la sua ambizione e la sua collera.
   Per vincere il nemico egli non ha che le risorse viete e incerte dei giochi da ragazzi: essere in tre contro uno, nascondersi per assalire all'improvviso, avere a sua disposizione più cannoni, più carri, più munizioni, più macchine.
   Si parla di arte della guerra e di scienza militare. Si tratta molto spesso di regole puerili, generiche o fallaci, derivate dalle esperienze dei cacciatori preistorici: l'accerchiamento, la tenaglia, la sorpresa, l'agguato, molto rumore e molto fuoco per ispirare la paura all'avversario.
   La vittoria e la sconfitta dipendono, quasi sempre, da casi e contingenze che hanno poco a che vedere con l'arte e con la scienza. Un temporale, un ordine mal compreso, un ritardo, un ostacolo imprevisto, lo smarrimento dei soldati bastano per sconvolgere i calcoli più studiati e per sconfiggere il generale ritenuto, fin allora, invincibile.
   Se il generale torna vittorioso finisce col dare ombra al suo padrone — sia esso un re geloso, un'aristocrazia sospettosa o un parlamento prudente — che lo tengono in disparte, come un idolo prigioniero o un sorvegliato, o lo perseguitano e lo esiliano. Qualche volta però riesce a diventare il dominatore quasi assoluto ma spesso e volentieri l'avventura finisce malissimo per lui e per la sua patria.
   Il generale vinto, invece, diventa un fuggiasco disonorato o, com'è avvenuto ai nostri tempi, viene impiccato o fucilato, con diversi pretesti, dai nemici vincenti.
   Oggi poi i metodi, gli strumenti e i limiti della guerra sono talmente mutati e trasformati che non è possibile prevedere quale sarà la parte dei generali nel futuro. Forse saranno ridotti ad essere nulla più che ingegneri specialisti, nascosti in sotterranei blindati. dove dirigeranno le guerre dinanzi a quadri di comando pieni di bottoni, di lampadine, di tasti e di manopole.


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